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Aspetti clinici e patologici relativi al paziente in terapia con anticoagulanti

Approccio terapeutico relativo al paziente odontoiatrico con tempo di coagulazione aumentato

by Dott. Aldo Santomauro 07-11-2010 6568 visualizzazioni
L'incremento di pazienti che, per patologie cardiocircolatorie, assumono una terapia con anticoagulanti orali costituisce spesso una problematica per l'odontoiatra che si trova a svolgere la propria attività nei confronti di pazienti con un tempo di coagulazione aumentato.

Gli interventi odontoiatrici che obbligano il dentista a mettere in atto, per questa categoria di pazienti, protocolli terapeutici adeguati sono tutti quelli in cui è previsto un sanguinamento e che vanno dalla semplice ablazione del tartaro, alle estrazioni dentarie, agli interventi di chirurgia parodontale, di rigenerativa e di implantologia.

Il dato di laboratorio più attendibile per la valutazione dell'efficacia della terapia con anticoagulanti orali è il tempo di protrombina (PT) e, poichè questo test varia in rapporto del tipo di tromboplastina utilizzata, nel 1983 dall'OMS è stato introdotto l'INR (International Normalized Ratio). Tale dato sinteticamente esprime con un numero il rapporto tra il PT rilevato e la media dei PT rilevati in quel laboratorio di analisi, attribuenio all'individuo sano il valore di uno, riducendo in questo modo al minimo la variabilità di valori tra diversi laboratori di analisi.

Nel tempo sono stati proposti diversi approcci terapeutici nei confronti di questa condizione clinica, in quanto fino a pochi anni addietro si suggeriva la sospensione e/o la riduzione dell'assunzione degli anticoagulanti orali (warfarin, acenocumarolo, acido acetisalicilico, ticlopidine, etc.) alcuni giorni prima dell'intervento di chirurgia orale, da parte sia del medico curante che del dentista.

Recentemente sono stati effettuati numerosi studi clinici che hanno portato ad una revisione della letteratura tanto da suggerire di non sospendere e/o ridurre la terapia con anticoagulanti orali al fine di ridurre il rischio dell'insorgenza di complicazioni anche gravi di tipo trombotico, mettendo però in atto alcune raccomandazioni cliniche nel trattamento di tale categoria di pazienti.

Il protocollo che pedissequamente dovrà essere istituito dall'odontoiatra nel trattare in condizioni di sicurezza queste tipologie di pazienti essenzialmente consiste di tre fasi, e cioè:

  1. Nella fase preoperatoria è fondamentale effettuare un'anamnesi dettagliata del paziente che assume anticoagulanti orali ed acquisire una valutazione dell'INR nelle ore che immediatamente precedono l'intervento e che regolarmente tali pazienti eseguono di routine. In questa fase, se l'INR ha un valore maggiore di 3,5-4 è assolutamente controindicato l'intervento di chirurgia, che andrà programmato in una fase successiva e, comunque, dopo un consulto con il medico curante al fine di arrivare ad una comune decisione sul comportamento clinico. Il medico curante, infatti, spesso non pone distinzione tra un intervento di chirurgia maggiore ed un intervento di chirurgia di tipo orale e sistematicamente consiglia una sospensione e/o riduzione della terapia ed, a questo punto, è dovere dell'odontoiatra descrivere accuratamente il tipo d'intervento rappresentando, altresì, le probabili complicanze che questa decisione di assunzione discontinua della terapia anticoagulante può comportare. E' importante, pertanto, la collaborazione e la comunicazione tra le varie figure professionali per giungere ad un risultato più ottimale per il paziente ed, allo stesso tempo, esimendo l'odontoiatra dalle proprie responsabilità sul piano clinico e medico-legale.

  2. Nella fase operatoria è opportuno mettere in atto tutte quelle strategie che possano ridurre al minimo l'insorgere di emorragie postoperatorie ponendo la massima attenzione a che l'intervento chirurgico sia il meno cruento possibile ed utilizzando i vari presidi emostatici (sciacqui e somministrazione di acido tranexamico, spugne di gelatina, ossicellulosa riassorbibile, suture, tamponamento con garze sterili, etc.). E', altresì, importante che dopo l'intervento il paziente vada monitorato e dimesso solo quando si è certi di avere ottenuto un'emostasi valida e la profilasssi antibiotica ed antinfiammatoria dovrà essere prescritta solo per quei pazienti per cui è necessario, al fine di evitare interazioni tra i vari tipi di farmaci. Esistono, difatti, prove scientifiche che il paracetamolo, la nimesulide e le penicilline interagiscono con il warfarin, potenziandone l'effetto con la conseguenza di una maggiore incidenza di eventi emorragici. Se, necessario, come farmaci antiflogistici, potranno essere somministrati l'ibuprofene ed il naprossene in quanto più sicuri dal punta di vista delle interazioni.

  3. Nella fase postoperatoria è consigliabile fornire al paziente tutti quei suggerimenti atti a controllare ed a conservare il coagulo. Dovranno, pertanto, in prima giornata, essere sconsigliati sciacqui anche con collutori a base di clorexidina, mentre consigliabile sarebbe l'applicazione di ghiaccio e l'assunzione di cibi non caldi e morbidi che non vadano a traumatizzare la zona sede dell'intervento. Il paziente dovrà essere controllato a distanza di uno o al massimo due giorni dopo l'intervento per verificare che il processo di guarigione avviene senza complicazioni e dovrà essere allertato ed informato delle possibili complicanze, dandone immediata comunicazione della loro, anche se improbabile, comparsa.

Scritto da Dott. Aldo Santomauro
Palermo (PA)

TAG: anticoagulanti