Menu

Emostasi e cure odontoiatriche

Il tema dellemostasi in odontoiatria e la gestione degli eventuali interventi in pazienti in terapia con anticoagulanti orali un tema quotidianamente presente allinterno di uno studio dentistico. Lesperienza clinica e la letteratura internazionale sullargomento consentono di concludere che negli studi dentistici, con le opportune accortezze, si possono eseguire diversi interventi odontoiatrici anche chirurgici.

by Dott. Cristian Romano 28-02-2009 18368 visualizzazioni
coagulo

Nella pratica clinica un sempre maggior numero di pazienti ci riferisce all’anamnesi si essere sottoposto ad una terapia con farmaci anticoagulanti orale (TAO) per pregresse patologie a carico del sistema cardio-vascolare. E’ importante approfondire l’anamnesi di questi pazienti sia per conoscerne la patologia che per i farmaci assunti per la stessa.

 

Gli anticoagulanti orali sono farmaci altamente diffusi per la loro efficacia e tra questi troviamo il Warfarin (Coumadin) e l’Acenocumarolo (Sintrom). Questi farmaci agiscono a livello epatico bloccando la gamma-carbossilazione dei fattori della coagulazione vitamina K-dipendenti (II o Protrombina; VII o proconvertina; IX o Antiemofilico B e X o fattore di potenza di Stuart-Prower). La terapia anticoagulante ha lo scopo di ridurre le capacità coagulative del sangue per difendere i soggetti a rischio da fenomeni trombotici, senza però creare rischi emorragici. La terapia è molto influenzabile da diversi fattori (genetici, dieta, altri farmaci, ecc.). E’ una terapia che va sempre monitorata e per questo esistono diversi Centri di Sorveglianza distribuiti in tutto il territorio nazionale.

 

La TAO viene utilizzata in pazienti che hanno avuto o rischiano di avere una malattia trombotica e/o ostruttiva sia venosa che arteriosa. Tra queste troviamo:

 

  • trombosi venosa o arteriosa;
  • fibrillazione atriale;
  • protesi cardiache valvolari;
  • embolia arteriosa periferica;
  • catetere venoso centrale;
  • alcuni tipi di tumore;
  • ischemia miocardica;
  • cardiopatia dilatativa;
  • embolia polmonare;
  • attacco ischemico transitorio (TIA);
  • trombofilia;
  • immobilizzazioni per lungo tempo (intervento chirurgico o ortopedico);
  • chemioterapia.

     

A seguito di una ferita, di una lesione vasale con successivo sanguinamento, l’organismo spontaneamente tende ad attivare i processi di emostasi. Si costituisce così un coagulo che blocca l’emorragia e permette la restitutio ad integrum, nelle fasi successive, dei vasi lesi. L’emostasi prevede diverse fasi. La prima è la vasocostrizione, che limita di per se l’ulteriore perdita di sangue. È innescata dalla serotonina e da altri composti liberati dalle piastrine.

 

Il restringimento del lume vasale permette più facilmente l’agglomerarsi delle piastrine (tappo piastrinico). Dopo questa seconda fase che da sola non permetterebbe il recupero della lesione, si passa alla terza fase dell’emostasi che prevede la formazione di un coagulo, di per se più stabile del tappo piastrinico. La sua formazione prevede l’azione dei fattori della coagulazione già presenti nel plasma. La formazione del coagulo è l’espressione di una serie di reazioni a catena che hanno come scopo la trasformazione della proteina solubile nel plasma Fibrinogeno in Fibrina, proteina invece insolubile perciò stabile nel tempo. La Fibrina determina una rete dove le componenti corpuscolate del sangue (piastrine) possono aderire formando il coagulo. La stabilità della Fibrina viene definitivamente confermata dall’intervento del fattore XIII.

 

Il Fibrinogeno si trasforma in Fibrina grazie ad un enzima chiamata Trombina, già presente nel sangue in forma inattiva (Protrombina o fattore II). La Protrombina si attiva grazie all’azione di sostanze presenti nel plasma e prodotte dalle piastrine. Particolarmente importante è il fattore X. L’attivazione del fattore X è determinata da due sequenze di reazioni che si svolgono in modo concomitante e che per una semplice classificazione didattica vengono distinte in Via Estrinseca e Via Intrinseca. La via intrinseca, coinvolge il fattore XII, il fattore IX (o antiemofilico B) e il fattore VIII, composti normalmente presenti nel plasma. La seconda via, detta estrinseca, richiede la tromboplastina tissutale, secreta dall’endotelio del vaso danneggiato, e la tromboplastina piastrinica, prodotta dai trombociti; avviene in presenza del fattore VII (o proconvertina).

 

Nel sangue circolano sostanze che hanno effetto regolativo sui processi di emostasi; in particolare l’Eparina, prodotta dal fegato, che fra l’altro elabora anche numerosi altri composti coinvolti nel processo di coagulazione. La vitamina K è indispensabile per l’attività dei fattori VII, IX e X.

 

Per valutare le capacità del’organismo di far fronte ad una emorragia, quindi di produrre un coagulo vengono esaminati alcuni parametri ematochimici:

 

  • Tempo di Tromboplastina parziale (PTT): indica il tempo di formazione del coagulo;
  • Tempo di Protrombina (PT);
  • Conta Piastrinica;
  • Fibrinogenemia;
  • INR.

 

Una altra condizione che qualifica un buon controllo dell’emostasi è che deve avere una azione locale, ossia avvenire solo dove è necessario e per il tempo strettamente indispensabile ad arrestare l’emorragia, mentre nelle altre zone dell’organismo il sangue deve continuare a mantenere la sua abituale fluidità, per evitare che una eccessiva coagulazione provochi una trombosi.

 

Il controllo della coagulazione avviene a vari livelli ad opera di altre sostanze presenti nel sangue, come l’Antitrombina III (AT III), la Proteina C, la Proteina S. Ognuna di esse inibisce l’attività di diversi fattori della coagulazione. Infine la Plasmina, che si forma dal Plasminogeno circolante nel sangue, come risultato finale dell’attivazione del meccanismo della fibrinolisi. La Plasmina ha il compito di sciogliere il coagulo di fibrina che si era formato alla fine della cascata coagulativa.

 

Per eseguire terapie odontoiatriche su pazienti in TAO bisogna rispettare alcuni principi, sempre che la terapia sia chirurgica. Questi sono pazienti in cui facilmente si può riscontrare gengivorragia, specialmente se c’è un quadro infiammatorio legato a cattiva igiene orale domiciliare, presenza di protesi incongrue, ecc.

 

Per trattamenti conservativi o protesici, in linea di massima non ci sono delle particolari precauzioni da prendere tranne che per eventuali anestesie.

 

Per tutte le manovre chirurgiche, parodontali e così via in ambito ambulatoriale bisogna tenere presenti alcuni fattori:

 

  • Comunicare all’Ematologo che ha stabilito la TAO, la tipologia di intervento odontoiatrico da eseguire, in modo che questi possa eventualmente modificare la somministrazione degli anticoagulanti in relazione all’intervento stesso.
  • Sapere il valore dell’ INR il più vicino possibile al giorno dell’intervento.
  • Se il valore dell’INR va da 2 a 3 possono essere eseguiti interventi semplici come le estrazioni di singoli denti non complicate.
  • Non eseguire Anestesie Tronculari.
  • Eseguire interventi nel rispetto massimo dei tessuti.
  • Usare coadiuvanti locali per facilitare la coagulazione della ferita chirurgica.
  • In presenza di valvole cardiache importante è la profilassi antibiotica per l’endocardite batterica.
  • Agire solo su siti precedentemente puliti da igiene professionale, per far diminuire la flogosi locale e quindi il sanguinamento.

 

Un maggiore controllo della placca può migliorare la prognosi dei denti e prevenire l’insorgenza di patologie parodontali.

 

Come già accennato è importante valutare il valore dell’INR e dunque è d’obbligo rispondere alla domanda: cosa è l’INR? INR è l’acronimo di International Normalized Ratio: rapporto internazionale normalizzato. È un indice che esprime in un numero il livello di anticoagulazione del sangue, cioè quante volte il sangue del paziente è più “scoagulato” rispetto a quello di un soggetto normale. Il valore “normale” è dunque 1, mentre in presenza di alterazioni aumenta indicando una fluidità maggiore del sangue, se invece diminuisce è maggiore il rischio di trombosi.

 

Il meccanismo d’azione dei derivati dicumarolici (Warfarin) è facilmente variabile in relazione a numerosi fattori tra cui la dieta. L’alimentazione deve prevedere un apporto giornaliero di Vitamina K di 200-300 microgrammi. Alcuni alimenti sono ricchi di K altri meno, per esempio prodotti come lattuga, spinaci, broccoli, verza, cavolfiori, fegato di vitello, soia e altri sono sconsigliati perché presentano elevate concentrazioni di vitamina K, come già detto importante per la produzione nel fegato di fattori della coagulazione. Vengono sconsigliati anche i cibi grassi come fritture, formaggi e cibi molto conditi.

 

Anche l’assunzione di altri farmaci deve essere ben controllato. Alcuni farmaci aumentano l’INR più del dovuto aumentando il rischio di emorragie. Tra questi troviamo tutti i derivati dell’Acido Acetilsalicidico (Aspirina), diclofenac, ketoprofene, alcuni antibiotici (Ac. Nalidixico, clindamicina, eritromicina, fluconazolo, metronidazolo, tetraciclina, trimethopin), alcool, chinidina, omeprazolo, tiroxina, streptochinasi. Anche prodotti a base di erbe come aglio, china e salvia.

 

Così come i precedenti interagiscono aumentando l’INR così altri farmaci possono abbassare i valori desiderati di INR. Rendono più “denso” il sangue farmaci come la carbamazepina, contraccettivi orali, diuretici tiazinici, glucosidi cardioattivi, prodotti ad alta concentrazione di K, anche erbe come il ginepro, verbena e ginseng.

 

Molti comportamenti e vizi devono essere esclusi dalla vita di questi pazienti come il fumo di sigaretta, l’eccesso di peso, la sedentarietà, la pressione sanguigna elevata, sport pericolosi, vacanze in alta quota (1000-1500 metri).

Come abbiamo già accennato in presenza di pazienti in TAO e con bisogno di cure cruente odontoiatriche si può avere il bisogno di modulare la terapia con anticoagulanti o addirittura sospendere la stessa. Il consiglio rimane quello di informare il Centro di Sorveglianza o comunque il proprio ematologo prima di sottoporsi ad interventi chirurgici. Gli anticoagulanti orali possono essere sostituiti da farmaci con emivita più breve per avere un controllo migliore della coagulazione. La sospensione della TAO può determinare dei fenomeni tromboembolici in pazienti con PT e PTT notevolmente ridotti. In pazienti con questi valori allungati si può sospendere la terapia due giorni prima dell’intervento riprendendola il giorno seguente allo stesso.

 

Il mantenimento della TAO, in pazienti odontoiatrici che si devono sottoporre a interventi chirurgici orali, è previsto se i valori sono tra 2 e 3, però con l’ausilio di sistemi ad azione emostatica. Tra questi si possono usare la colla di fibrina che attiva l’ultima fase della coagulazione ematica; Solfato di ferro che determina la coagulazione del materiale proteico; la cellulosa ossidata ceh funge da barriera meccanica per il sangue; le spugne a base di gelatina che stimolano la disgregazione piastrinica indispensabile per l’emostasi; gli antifibrinolitici (Tranex, Ugurol) che hanno una buona emostasi locale.

 

Ovviamente tutti i sistemi convenzionali come compressione, vasocostrittore locale, sutura ben eseguita, utilizzo del LASER o dell’elettrobisturi rimangono alla base del controllo dell’emorragia.

Scritto da Dott. Cristian Romano
Palermo (PA)

TAG: Emostasi e cure odontoiatriche