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Lo split crest

L'espansione ossea tramite 'split crest' permette di poter utilizzare impianti di appropriato diametro e di poterli posizionare seguendo i moderni criteri di chirurgia protesicamente guidata

by Dott. Massimo Tabasso 02-01-2012 14001 visualizzazioni
La modalità di riassorbimento osseo che si determina in seguito alla perdita degli elementi dentali modifica in modo significativo le creste residue dei mascellari; questo è particolarmente evidente quando la perdita dentale è susseguente a traumi maxillo-facciali, rotture delle radici e parodontopatie. L’atrofia ossea che si determinata condiziona in modo rilevante il posizionamento degli impianti sia in senso verticale che in senso orizzontale e questo, se non si programma un opportuno intervento di rigenerazione ossea, potrebbe alterare il profilo delle corone protesiche, gli spazi di igiene e l’estetica finale della riabilitazione.

Se dovessimo descrivere quella che comunemente viene detta cresta ossea, cioè dove si collocano i denti, dovremmo parlare di una corticale vestibolare (la parete rivolta all'esterno) e di una corticale palatale (la parete più interna, quella rivolta verso il palato); tra le due corticali trova posto la cosiddetta midollare.

La tecnica dello split crest, mediante osteotomia sagittale (cioè attraverso un taglio parallelo all'andamento dei denti), prevede la separazione chirurgica della corticale vestibolare dalla corticale palatale della cresta e il successivo spostamento verso l'esterno della corticale vestibolare.
Attualmente tale tecnica è presa in considerazione prevalentemente per il trattamento dell'arcata superiore che ha una consistenza ossea più adatta alla tecnica chirurgica di split rispetto alla mandibola, e può essere utilizzata anche in combinazione con altre tecniche di incremento osseo, quali GBR, griglie in titanio, rialzo di seno per via crestale.

Nel prendere in considerazione questa tecnica di rigenerazione ossea, bisogna tenere presenti le sue indicazioni e i suoi limiti relativamente ad altre tecniche chirurgiche: rispetto a un riassorbimento osseo orizzontale della cresta edentula, infatti, possiamo prendere in considerazione la tecnica GBR, l'innesto di osso autologo onlay e lo split crest. Lo split crest è però l’unica tecnica che ci consente di ottenere in maniera predicibile un incremento orizzontale importante della cresta ossea (di circa 5 mm) in modo tale che si possano immediatamente posizionare gli impianti; questo comporta una riduzione degli interventi chirurgici da attuare e quindi, in ultima analisi, una riduzione dei tempi e dei costi complessivi del trattamento implantoprotesico.

Lo split crest prevede pertanto l’espletamento di un’accurata fase di diagnosi oltre naturalmente alla perfetta esecuzione della tecnica chirurgica e all’adeguata selezione della tipologia di impianto da inserire.

Per poter effettuare la scelta di applicare la tecnica split crest è, infatti, fondamentale valutarne le indicazioni in alternativa alle altre tecniche ricostruttive. Dallo studio delle scansioni radiali della TC Dentascan deve emergere una cresta ossea residua di due o più elementi dentari mancanti, con le corticali vestibolare e palatale separate da una congrua zona di midollare con uno spessore osseo minimo di 3 mm.
Al contrario, forme anatomiche a clessidra o a base stretta con spessori più sottili (spesso associati alla completa fusione delle corticali ossee) impediscono l’attuazione di questa tecnica e indirizzano il clinico verso la scelta dell’innesto di osso autologo onlay con una tecnica chirurgica che necessariamente prevederà l’inserimento degli impianti in una fase successiva alla guarigione del sito innestato. La GBR è invece una tecnica sempre presa in considerazione quando manca un solo elemento dentario e quando gli spessori ossei sono di dimensioni tali da poter posizionare gli impianti in posizione congrua; contestualmente, essa permette la rigenerazione di aperture e deiscenze ossee coprendo eventuali esposizioni degli impianti e proteggendo la corticale vestibolare da un possibile riassorbimento futuro. Tale tecnica oggi viene inoltre spesso applicata per prevenire il riassorbimento osseo vestibolare che tende comunque a verificarsi anche quando si posizionano impianti in alveoli postestrattivi perfettamente conservati.

Quando il professionista propende per la tecnica dello split crest, deve considerare, oltre alla presenza di una zona edentula con due o più elementi dentari mancanti e con una cresta residua con spessore minimo di 3 mm, che vi siano almeno 10 mm di dimensione verticale dell’osso residuo crestale soprattutto in rapporto al seno mascellare. Infatti la tecnica dello split crest può con maggiore difficoltà essere associata a tecniche di aumento verticale di osso, tipo il lifting parcellare del seno mascellare, in quanto è proprio la parte apicale dell’osso residuo che deve fornire la stabilità primaria all’impianto.

Altro aspetto anatomico importante che il professionista deve considerare è quello dell’inclinazione vestibolare dalla cresta residua. Se l’inclinazione vestibolare della cresta residua non è eccessiva, con la tecnica dello split crest si sposta il piatto vestibolare in direzione opposta all’avvenuto riassorbimento osseo centripeto e questo risulta essere sicuramente vantaggioso in termini di posizione dell’impianto protesicamente guidato. Quando il deficit osseo è prevalentemente orizzontale, invece, abbiamo a disposizione altre tecniche chirurgiche per ampliare la cresta residua. Numerosi studi hanno descritto l’applicazione clinica dei principi della Guided Bone Regeneration (GBR), utilizzando una membrana come barriera per i tessuti molli, e degli innesti ossei a onlay.

Oltre ad una riduzione degli interventi chirurgici da attuare e quindi, in ultima analisi, ad una riduzione dei tempi e dei costi complessivi del trattamento implantoprotesico, scopo ultimo dell’espansione ossea tramite split crest è quello di poter utilizzare impianti di appropriato diametro e di poterli posizionare seguendo i moderni criteri di chirurgia protesicamente guidata. I meccanismi di guarigione che seguono la separazione delle due corticali sono del tutto simili a quelli delle fratture ossee.

Scritto da Dott. Massimo Tabasso
Savigliano (CN)

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