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Il successo e l'insuccesso in endodonzia: come, quando, perche'

Analisi dei fattori di successo dell'endodonzia moderna e confronto di varie tecniche e metodiche

by Dott. Orazio Ischia 08-02-2010 16110 visualizzazioni

Nell'attività quotidiana di un odontoiatra molteplici sono gli sforzi profusi nel conseguimento della guarigione delle patologie del periapice, ossia di quella zona anatomica che viene ad essere identificata dalle strutture della radice nella sua porzione terminale, dal legamento parodontale che ad essa si attacca e dall'osso, costituendo questo l'ultimo degli elementi interessati dalla flogosi. A seguito di una infezione alla polpa dentaria, tale area viene ad essere interessata da processi patologici, diretta emanazione dell'infezione batterica all'interno della struttura dentale.

 

Nella vita di un dente molteplici possono essere le cause che porteranno ad avere un risentimento del periapice; si va da problemi legati a carie destruenti a traumi contusivi, traumi occlusali, fino ad arrivare alle più complesse lesioni endoparodontali. Qualunque sia il meccanismo di insorgenza della lesione periapicale, però, essa si concretizzerà in una immagine radiografica di rarefazione ossea intorno al punto di sbocco all'osso alveolare dei batteri e delle tossine che contaminano il sistema endodontico del dente in questione. Tale fuoriuscita mette in moto i meccanismi di difesa dell'ospite che, causando una attivazione osteoclastica, inducono una demineralizzazione visibile entro breve tempo dall'instaurarsi della catena di eventi descritta.

 

Lo scopo della nostra cura è allora la detersione del sistema endodontico e la conseguente eliminazione dei batteri e dei loro metaboliti dal suo interno, con quella che viene ormai definita, per via della sinergia fra strumenti alesanti e lavaggi irriganti, la preparazione chemiomeccanica del sistema endodontico. La anatomia dei canali radicolari, però, non è affatto lineare ma articolata spesso in diramazioni accessorie laterali che a volte si riuniscono al canale principale e a volte fuoriescono dal dente anche ben prima dell'apice anatomico di questo. Complicata da "cul de sac" e slargamenti con curve e contro curve dove gli strumenti adoperati per la rimozione dei tessuti duri e molli presenti nel canale non arrivano a lavorare su tutte le pareti durante il loro avanzamento in direzione apicale, l'anatomia endodontica rende quindi estremamente importante l'azione degli irriganti usati al suo interno, nella rimozione e nella digestione dei residui pulpari. Resa estremamente importante dalla impossibilità di percorrere con la strumentazione ogni ramo del delta apicale di piccolissime dimensioni e variabile digitazione. Tale complessità a volte mortifica il nostro lavoro poiché per inadeguata visione, senza un ausilio ingrandente o per tempi operativi limitati vengono tralasciate zone con tessuto organico pulpare che, andando in necrosi, contamineranno la chiusura canalare creando processi infettivi cronici con un insuccesso a distanza concretizzato dalla presenza di una rarefazione periapicale ad un controllo radiografico o dalla persistenza della sintomatologia algica, oppure ancora dell'esplosione di una nuova parodontite apicale a distanza variabile di tempo dalla nostra cura. 

 

L'insuccesso endodontico, quindi, si può manifestare o meno clinicamente, ma il fatto che magari non sia evidente uno stato di sofferenza non significa che non ci sia. Le statistiche dicono che il 98% dei trattamenti canalari dei denti colpiti da processi patologici pulpari ha successo clinico, ma che questo successo scende all83% nei denti che hanno una reinfezione dopo un primo intervento endodontico oppure dopo una colonizzazione di lunga data del loro sistema endodontico. Questo perché il grado di contaminazione batterica della struttura dentale in questi ultimi è significativamente elevato ed è perlopiù da ascriversi ad una specie microbica gram + lo enterococcus faecalis, specie estremamente resistente alle nostre manovre sterilizzanti e presente nel 70% dei casi di queste infezioni. Tali percentuali di successo sono comunque patrimonio di endodontisti che applichino scrupolosamente i protocolli e le tecniche sviluppate per il trattamento delle patologie della polpa dentaria.

 

Andiamo a vedere quali tecniche e quali protocolli danno tali percentuali di successo. Innanzitutto la prima osservazione riguarda le modalità di intervento sulla polpa vitale, nonostante la contrarietà del mondo scientifico ancora molto spesso i dentisti usano applicare medicamenti devitalizzanti per indurre la necrosi pulpare in capo a sette giorni o giù di lì. Tali medicamenti sono paste arsenicali, oppure composti mummificanti tipo parafolmadeide, che hanno come meccanismo d'azione la formazione di trombi nel sistema circolatorio della polpa. Non sono però privi di effetti collaterali, anche importanti come sequestri ossei per l'arsenico e la fissazione dei tessuti pulpari per la formaldeide con conseguente antigenicità del contenuto dei canali e permanenza al loro interno di nicchie di infezione. Il metodo scientificamente più corretto resta la biopulpectomia sotto blocco anestetico. Questo ha due ottimi motivi di esser fatto, il primo perché non si lascia a se stesso il paziente in preda magari a dolori fortissimi, con la sola copertura antibiotica e antiinfiammatoria, spesso abusata, ma si interviene prontamente sul suo dolore senza aspettare per diversi giorni.che i farmaci facciano il loro effetto. Il secondo di ordine più propriamente clinico che si riconduce a quanto prima accennato sulla maneggevolezza dei medicamenti devitalizzanti.

 

A questo punto la giusta pianificazione dell'intervento passa per la esecuzione di una o più radiografie diagnostiche che hanno lo scopo di evidenziare il numero ed il decorso dei canali che ci si appresta a trattare. A tale scopo sono utilissimi i sistemi digitali che riducono di diverse volte la dose di radiazioni assorbita dal paziente durante il trattamento.

 

Le informazioni che tale esame preliminare ci consente di ottenere sono di fondamentale importanza per la diagnosi e la pianificazione del trattamento che muove i primi passi subito dopo aver isolato il campo operatorio per mezzo della diga di gomma presidio irrinunciabile all'endodonzia, ma anche alle normali procedure di odontoiatria restaurativa. Essa assolve a molteplici funzioni: intanto solleva assistente ed operatore dal complicato e continuo compito di divaricazione e protezione dei tessuti della bocca del paziente, guancia e lingua che potrebbero rimanere ferite dagli strumenti rotanti. Poi allo stesso modo evita la continua e fastidiosa aspirazione dalla cavità orale degli spray di raffreddamento delle turbine ed impedisce la deglutizione o peggio l'inalazione involontaria di detriti, liquidi irriganti, oggetti usati durante la terapia. Dando così modo agli operatori di concentrare senza inutili distrazioni tutta la propria attenzione sul reale problema del paziente, piuttosto che badare a che non venga ferito o non ingerisca niente. In ultimo assolve alla funzione di barriera contro le infezioni sia per il sistema canalare del paziente sia per la zona operativa intorno ad esso. Quindi, aumenta la sicurezza operativa dello studio nei confronti delle infezioni crociate non consentendo la diffusione nella nube di aerosol intorno alla testa del paziente creata dal funzionamento della turbina e quindi sulla poltrona di contaminanti quali sangue, saliva, cellule epiteliali e flora microbica presente nel suo cavo orale.

 

La rimozione della polpa dai canali avviene a mezzo di strumenti che pur con i loro vari modi d'uso hanno tutti lo scopo finale di alesare il canale imprimendogli la propria forma. Tale forma deve essere conicamente progressiva e si amplia a seconda degli strumenti utilizzati con una progressione percentuale costante dalla sua fine indietro fino al punto d'inizio della preparazione situato nel pavimento della camera pulpare. La cosa che è stata valutata dai vari studi effettuati, essere indispensabile è la creazione di uno alesatura minima del forame apicale del canale di 35 /100 di mm, questo al fine di dare la possibilità agli irriganti che vengono usati durante la preparazione di poter essere prima depositati in prossimità di esso da aghi sottili e poi di raggiungerlo con efficacia grazie alla agitazione meccanica impressa dagli strumenti usati, sia pneumatica che ultrasonica, che di alternanza di pressione positiva e negativa anche con micro pompe aspiranti prementi appositamente studiate. Comunque, qualunque sia il sistema usato, con ricambio di liquido fresco frequentemente e per un periodo minimo di 20 minuti. Tali liquidi irriganti hanno la fondamentale funzione di eliminare i detriti, di chelare il calcio, di lubrificare gli strumenti che così durante la loro azione tenderanno meno a raggiungere il loro limite di fatica ed a rompersi. Hanno lo scopo di digerire la parte organica, di disinfettare il sistema endodontico. A tale scopo vengono utilizzate varie sostanze alcune più efficaci di altre, ma fondamentalmente tutte incapaci di assolvere da sole alla funzione che si richiederebbe all'irrigante ideale. Quello di certo più attivo è l'ipoclorito di sodio che, a contatto con l'acqua, si trasforma in acido ipocloroso ed idrossido di sodio, il primo si trasforma in ossigeno ed acido cloridrico, quest'ultimo liberando ioni cloro che si legano alla membrana protoplasmatca batterica esercita l' azione antimicrobica. Essa però in vivo non è così scontata come si crederebbe. Infatti i batteri all'interno del sistema endodontico vivono allo stato planctonico libero nei fluidi che lo riempiono ed adesi ad un bio film creato da proteine che aderiscono alle pareti e nelle quali per così dire rimangono invischiati, ma estremamente mobili tanto da poter tornare allo stato planctonico e contaminare altre aree tubulari. Ebbene tale biofilm costituisce una matrice detta glicocalice estremamente tenace tanto che i batteri al suo interno risultano essere mille volte meno suscettibili all'azione dei disinfettanti usati rispetto a quelli liberi in forma planctonica. Da questo discende la necessità di scompaginare il biofilm con vari sistemi meccanici al fine di staccarlo dalle pareti ed allontanarlo dal canale e rendere i batteri più sensibili all'azione degli irriganti. Allo stesso modo è stato rilevato che gli irriganti risultano meno efficaci nel caso di reinfezioni endodontiche sostenute da enterococcus faecalis il quale sebbene venga ucciso in pochi secondi nella fase di crescita logaritmica è molto meno sensibile durante la fase stazionaria da privazione di nutrimento. Condizioni che tipicamente si verificano nei periodi di medicazione intermedia. Si è addirittura ampiamente dimostrato che in presenza di idrossido di calcio, classico medicamento intermedio, si riorganizzano nel biofilm colonie di EF.

 

In letteratura non esistono prove che una terapia in più sedute per la cura canalare con medicazioni intermedie tipo idrossido di calcio e pasta iodoformica influenzi positivamente la percentuale di successo, ma anzi semmai esistono prove del contrario.

 

E' stato dimostrato che l'ipoclorito di sodio abbatte la carica di superficie del biofilm, ma dopo 96 ore essa ritorna ai livelli pre trattamento nel 70 % dei casi.

 

L'utilizzo di Edta pare abbia un ruolo nel distacco del biofilm dalle pareti canalari oltre che nella apertura dei microtubuli con l'allontanamento del fango di lavorazione degli strumenti che ne intasano l'accesso. Invece nessuna attività ha l'acqua ossigenata mentre si può apprezzare una certa attività della clorexidina soprattutto verso i gram+ come EF.

 

L'applicazione di un fascio di luce laser è di valido aiuto, grazie ad una fibra ottica di 20 micron con un movimento circolare per 30 secondi ha un notevole effetto sterilizzante sul biofim.

 

Una volta deterso con una adeguata permanenza degli irriganti il sistema endodontico e, quindi, almeno 20 minuti con alternanza di ipoclorito ed edta allora si potrà procedere alla chiusura tridimensionale che può essere fatta con diverse tecniche, ma tutte hanno alla base l'uso di guttaperca termoplastica. Essa viene spinta e condensata contro la fine preparazione dentale dalla azione combinata del calore, che la plasticizza e dalla pressione esercitata su di essa dalla forza di condensazione dell'operatore che con vari sistemi la comprime contro le pareti del canale costringendola ad insinuarsi in ogni affranto reso disponibile dalla digestione organica operata dagli irriganti. In questa sua azione di scorrimento viene facilitata da piccole quantità di cemento che fungono da lubrificante e da sigillante dello spazio che si viene a creare fra guttaperca e pareti a seguito del suo raffreddamento. E' importante notare che esistono tante tecniche, elaborate negli anni, di alesatura e chiusura dello spazio endodontico. Alcune di queste tecniche ampiamente utilizzate ancor oggi non sono assolutamente predicibili nei loro risultati come quelle descritte. Ne elenchiamo e descriviamo alcune che maggiormente sono diffuse negli studi dentistici: tralasciando la ovvia incompletezza della preparazione meccanica data da alesature non portate in apice anatomico o che non raggiungano il minimo di 35 /100 utile per la circolazione degli irriganti, sorvolando sui tempi di irrigazione minima di 20 minuti, dimenticando il mancato uso della diga, del rivelatore elettronico di apice e della terapia in mono seduta, la cui importanza è stata già ampiamente descritta, concentriamo l'attenzione sulla sola chiusura dello spazio endodontico. Tale spazio è spesso chiuso in modo incompleto con tecniche che utilizzano solo cemento iniettato all'interno dalla forza centrifuga di una molla sporcata di esso che lo spara con una forte rotazione impressa dal trapano. Tale tecnica non affatto controllabile né in eccesso né in difetto è inoltre suscettibile alla digestione operata dall'organismo di questo sigillo. Spesso inoltre tali cementi contengono molecole farmacologicamente attive nel controllo dell'infiammazione, cementi a base cortisonica, oppure che inibiscono la proliferazione batterica. Terminata tale azione di soppressione della attività batterica e dell'infiammazione la patologia riprende vigore. Esistono poi tecniche che utilizzano cementi e guttaperca non plasticizzata in forma di coni che vengono spinti insieme dentro il canale fino alla fine di esso. Questa tecnica detta del cono master è già più controllabile nella sua capacità di raggiungere la fine della preparazione, ma difetta nel suo controllo del sigillo e del riempimento dei canali laterali, per via della mancanza di pressione di condensazione. Abbiamo poi tecniche che cercano di ovviare a questa mancanza con l'ausilio di condensatori a mano che spingono contro le pareti più coni di guttaperca immersi preventivamente nel cemento schiacciandoli e creando spazio per altri coni via via sempre più piccoli, fino a venir fuori dal canale. Tale tecnica è la condensazione laterale a freddo, un pò migliore delle precedenti in quanto a controllo del sigillo apicale, ma ancora poco efficace nel riempimento dei canali laterali. Quindi arriviamo alle tecniche termoplastiche: queste sono più o meno tutte equivalenti nella loro capacità di sigillo dell'apice e dei canali laterali in esse gioca un ruolo visibile la somministrazione di calore con strumenti vari, riscaldati alla fiamma o che producono essi stessi calore,oppure ancora con sistemi di guttaperca trasportata su carrier riscaldata in appositi fornetti.

 

Concludendo, il sottile confine che esiste tra il successo e l'insuccesso di tecniche endodontiche, correttamente eseguite, sta nell'anatomia degli ultimi 2 mm di radice dentale, l'apice radicolare. Infatti è in questa piccola porzione che si concentra la massima complessità anatomica ed è qui che si gioca la nostra partita che è vinta solo a patto di preparare al meglio tutta la squadra, con attrezzature idonee all'ingrandimento, ausili quali la diga di gomma, utilizzo di strumenti nuovi e non stressati da fatica ciclica che tende a fratturarli all'interno dei canali, strumentazioni dedicate quali rivelatori elettronici d'apice, sistem b ed obtura, thermafil o microseal per la chiusura tridimensionale e verifica con lastra di controllo. Importante poi eseguire il trattamento nel minor numero di sedute possibili e, comunque, mai troppo distanti tra loro, poiché mai nessun cemento da otturazione provvisoria sarà in grado di assicura il sigillo necessario al sistema endodontico, lasciando così che fra una seduta e l'altra la sua contaminazione si possa aggravare con un viraggio di flora batterica verso enterococcus faecalis.

 

Seguirà a questo punto l'importantissimo controllo dell'integrità marginale del restauro post endodontico, senza il quale nessuna endodonzia potrebbe mai avere successo clinico a causa della infiltrazione di batteri all'interno della otturazione canalare. Infatti, è stato dimostrato che una terapia endodontica perfettamente eseguita con una otturazione del sistema canalare impeccabile, se lasciata in comunicazione con la cavità orale, sotto una otturazione provvisoria si contamina fino all'apice con una nuova infezione in soli 80 giorni.

Scritto da Dott. Orazio Ischia
Lipari (ME)

TAG: endodonzia moderna