E' comune in tutto il mondo prescrivere antibiotici prima di un intervento di chirurgia dentale. Estrazioni, raschiamento delle gengive, inserimento di impianti, rialzo del seno mascellare, trapianti di tessuto molle... il dentista pensa di dover proteggere il paziente con una bella dose di antibiotici, prima e dopo l'intervento. Ognuno fa un po' come gli pare, in termini di scelta della molecola, del dosaggio, della durata della terapia, anche se da anni le associazioni scientifiche di riferimento danno indicazioni per cercare di mettere argini a un fenomeno assolutamente fuori controllo.
Ma ora si scopre che le stesse associazioni, nell'ultimo mezzo secolo, hanno dato indicazioni prive di fondamento scientifico. L'ammissione viene da un ampio e ponderato documento, licenziato sotto forma di "linee guida" da parte dell'Associazione americana di cardiologia (Aha), che ha lavorato assieme all'Associazione dei dentisti e che è stato fatto proprio dall'Accademia americana di pediatria e da altre rispettabili società scientifiche. Per 50 anni, infatti, l'Aha aveva consigliato l'uso di antibiotici prima di ogni intervento di chirurgia dentale per prevenire il rischio di endocardite infettiva, gravissima patologia del cuore scatenata dalla colonizzazione dell'endotelio cardiaco da parte di batteri circolanti nel sangue. Batteri perlopiù non alieni, ma provenienti dalla mucosa che tappezza l'interno dell'organismo ed è sede di una quantità enorme di organismi: in particolare nel tratto gastrointestinale, ma anche nella bocca. Poiché nell'endocardite infettiva, i cardiologi, da più di 70 anni, hanno sempre trovato grandi quantità di Streptococcus viridans, batterio molto presente nella mucosa della bocca, la conclusione era che occorreva impedire, con gli antibiotici, la liberazione di grosse quantità di questo e altri batteri come conseguenza della incisione della mucosa da parte del dentista.
Ora si vede che il ragionamento fila, ma le conclusioni sono false, non hanno prove, perché le premesse sono false. Infatti, è vero che troviamo nel cuore batteri presenti nella bocca, non lo è che un intervento di chirurgia dentale ne metta in circolo tanti da causare la colonizzazione patogena dell'endotelio cardiaco.
Anzi, scrivono gli autori delle linee guida, la quantità di batteri liberati da una procedura chirurgica dentale è immensamente minore a quella che quotidianamente liberano attività igieniche come spazzolarsi i denti e passare il filo interdentale, o masticare gomma. C'è chi ha fatto i conti: in un mese, masticare cibo, gomme e pulirsi i denti ci espone, cumulativamente, a 5.370 minuti di "batteriemia" e cioè di presenza significativa di batteri nel sangue, a fronte di una media di 15-20 minuti di batteriemia derivante da una procedura chirurgica dentale. Proiettata su base annua, la batteriemia da pratiche quotidiane risulta, rispetto a una media degli interventi del dentista, 5,6 milioni di volte superiore.
Cifre che fanno crollare le giustificazioni di una massiccia e pluridecennale prescrizione di antibiotici, che ha presumibilmente causato danni rilevanti: alla salute delle persone, la cui flora intestinale e orale è stata alterata dai farmaci (senza contare le allergie mortali da penicillina), ma anche alle pubbliche casse - in Italia nei primi 9 mesi del 2007 i due antibiotici più prescritti dai dentisti (amoxicillina e claritromicina) hanno fatturato oltre 240 milioni.
Fonte Repubblica/Salute