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La ricostruzione post endodontica: fondamentale fattore per il successo a lungo termine

Come l'infiltrazione marginale del restauro di un dente devitalizzato può inficiare una perfetta endodonzia

by Dott. Orazio Ischia 17-02-2010 10048 visualizzazioni

Nell'odontoiatria contemporanea sempre maggiore importanza è stata assunta dalle resine composite che, introdotte negli anni 60, hanno conosciuto solo un'ascesa inarrestabile tanto che oggi siamo già alla settima generazione di adesivi smalto dentinali e per i compositi siamo passati da i primi autopolimerizzanti agli odierni nanoriempiti.

 

Essi sono di fondamentale importanza per il legame adesivo che la nostra ricostruzione contrae con i tessuti dentali. Esiste una linea di confine fra il restauro ed il dente; questa linea di confine è di estrema importanza per il buon esito a lungo termine dei trattamenti endodontici i quali possono essere contaminati da batteri che si insinuano fra l'otturazione canalare e la superficie dentale fino ad arrivare in apice, provenendo dall'esterno del dente. La infiltrazione marginale è alla base di questo fondamentale motivo di fallimento non solo delle nostre devitalizzazioni, ma anche delle otturazioni di elementi cariati, che per un suo difetto si ritrovano con una nuova carie che si insinua lentamente, ma inesorabilmente, fino alla polpa causando dolore alla masticazione, sensibilità termica ed ascessi quando si giunge alla sua necrosi.

 

E' l'adesivo che si oppone a questo!

 

Lo strato che esso deve formare all'interfaccia dente restauro deve essere il più tenace possibile ed è per questo motivo che oggi non è più derogabile l'uso della diga di gomma, presidio fondamentale per l'esecuzione di qualunque procedura adesiva di ricostruzione o cementazione, pena l'infiltrazione marginale.

 

L' infiltrazione marginale è l'incubo di tutti i dentisti; da essa dipende il buon esito e la durata dei trattamenti conservativi, endodontici e protesici che giornalmente si eseguono in studio. Essa si verifica ogni qual volta un errore nei numerosi passaggi della procedura non viene prontamente recuperato. Dal suo inizio alla fine in una seduta di ricostruzione, per esempio, si possono contare decine di step tutti ugualmente importanti perché potenzialmente causa di un insuccesso. A volte basta una piccola infiltrazione di saliva attraverso il sigillo della diga per inficiare l'adesione od una imperfetta polimerizzazione per insufficiente esposizione alla luce della nostra lampada, od una sommaria distribuzione della resina, con superfici dove essa risulterà assente o dove sarà stesa in strati troppo spessi. Motivi apparentemente non importanti e per questo non rimediati, ma più spesso semplicemente non visti se non si possiede un adeguato sistema ingrandente con il quale effettuare queste importantissime procedure. L'adesione marginale è di estrema importanza anche nell' endodonzia, per quel che riguarda la ricolonizzazione del nostro sigillo apicale. Numerosi studi hanno dimostrato che, in presenza di un'esposizione dell'otturazione canalare all'ambiente orale, sono sufficienti poche decine di giorni perché ciò possa accadere,,rendendo vana in poco tempo una procedura magari perfettamente eseguita.

 

La ricostruzione post endodontica degli elementi dentali trova nella loro stessa anatomia la logica indicazione di tecnica e procedura

 

Nel settore latero posteriore, ad esempio, i tavolati occlusali composti da cuspidi e fosse sono strutturalmente tendenti alla deflessione delle cuspidi durante la funzione. A seguito di una devitalizzazione tali denti subiscono alterazioni irreversibili della loro architettura che si riflettono sulle proprietà biomeccaniche e le modalità di trasmissione degli stress su smalto e dentina. Per la loro ricostruzione i materiali più usati oggi sono le resine composite alla cui base vi è principalmente il monomero BIS-GMA; ad esso sono legati anche alcuni dei principali problemi che le resine composite dimostrano di avere.

 

Il ridotto grado di conversione del monomero in catene polimeriche, causa ridotte capacità meccaniche, instabilità dimensionale e cromatica, adesione non ottimale alla struttura dentale a causa della contrazione da polimerizzazione. Inoltre è possibile il rilascio di monomero residuo e conseguente tossicità pulpare nei denti vitali. Le proprietà fisiche e meccaniche dei compositi dentari sono influenzate dal livello di conversione raggiunto durante la polimerizzazione, quando i doppi legami carbonio-carbonio dei metacrilati isolati formano una rete estesa di legami. La conversione da monomeri a polimeri comporta una contrazione che generalmente determina la formazione di difetti nell'interfaccia materiale/dente, costituiti per lo più da microscopici vuoti. Questi difetti sono vie di sicura penetrazione per acqua e batteri. Esiste una correlazione diretta fra il grado di conversione del monomero in polimero tridimensionale solido e la durezza del composito. Tale grado di conversione è dipendente da vari fattori:

 

  • caratteristiche del materiale
  • fattori dipendenti dalla situazione clinica
  • fattori dipendenti dall'odontoiatra
  • fattori dipendenti dalla lampada



La fotopolimerizzazione è iniziata dal canforochinone mediante irradiazione con luce blu a 470 nm, tanto più alta è l'energia tanto migliore sarà la durezza del composito ottenuto per maggior conversione del monomero. Allo stesso tempo tanto maggiore sarà la sua contrazione da polimerizzazione, con la conseguente tensione del legame dente restauro, tanto forte che se non adeguatamente controllata da opportune modalità di esecuzione della cavità,,di manipolazione dei materiali,,di applicazione della luce di polimerizzazione,,sono capaci esse stesse di creare fratture dentali visibili sulla superficie dello smalto sottoposto a trazione. Futuri punti questi di infltrazione cariosa a seguito di micro distacchi di porzioni dentali fratturate dalla funzione masticatoria.

 

Il micro linkage ovvero la creazione di un gap e conseguente infiltrazione cariosa fra dente e restauro è unitamente alla deflessione cuspidale il motivo della ricopertura protesica degli elementi dentali devitalizzati. In tali denti la esecuzione del trattamento endodontico ha eliminato l'intera porzione centrale della corona, questo magari in un dente già notevolmente compromesso da un aggressione cariosa. La fatica ciclica dei materiali usati nella ricostruzione creerà il distacco dello strato adesivo del restauro dal dente o la frattura del dente se questo cede prima. Allora la soluzione sarà trovata nella esecuzione di un restauro indiretto. Esso trova effettiva applicazione in un numero di casi decisamente inferiore rispetto a quelli in cui l'indicazione clinica lo darebbe come prima scelta. Il motivo è da ricercare essenzialmente nella indisponibilità che spesso i pazienti mostrano nei confronti delle terapie protesiche. Infatti si tende a pensare che esse siano oltremodo costose, sottovalutando che i requisiti richiesti al restauro che ci si appresta ad eseguire non sono soddisfatti sempre da una otturazione. Non potendo quest'ultima sempre garantire un periodo adeguatamente lungo di tranquillità e, in ultimo, tali limiti saranno causa di fastidiosi, ripetuti rifacimenti che obbligheranno a sedute dal dentista a volte più onerose e certamente sottraendo tempo alla propria attività.

 

Per le indicazioni ad una terapia restaurativa mediante intarsio che, a seconda della modalità di ricopertura delle cuspidi dentali, viene definito inlay, onlay, overlay o eventualmente con una corona completa sono naturalmente indispensabili la valutazione clinica dell'elemento e la sensibilità maturata dall'operatore. Ancora è importante lo spessore residuo di dentina disponibile a sostenere lo smalto coronale; dalla differenza di modulo elastico di tali tessuti, infatti, si creano movimenti deflettenti che possono innescare dei crack prima e delle fratture poi. L'effetto che sulla resistenza ha la perdita di una parete è inoltre inferiore a quello che si ha con la mancanza di due o tre pareti. Diviene così per la stabilità del restauro, necessario provvedere a circondare in modo gradualmente sempre più avvolgente l'elemento che ha dapprima perso una grossa porzione centrale, piuttosto che centro periferica, anteriore o posteriore linguale e/o buccale che sia.

 

Quindi si passerà alla ricostruzione della integrità della corona, con la cementazione all'interno del canale radicolare di un perno in fibra di vetro o carbonio che, per il loro modulo di elasticità simile a quello della dentina trasferiscono in modo ottimale i carichi masticatori sulla radice e quindi all'osso alveolare, riducendo grandemente il rischio di frattura che è intrinseco all'uso di pericolosi perni metallici prefabbricati non su misura e comunque in lega non fra le più idonee alla flessione dentale. Questa fase di ricostruzione detta block out, è seguita dalla preparazione della corona dentale con opportune frese diamantate per ridurre le parti che non offrono buona resistenza, poi si procederà ad eseguire un disegno che consenta di ottenere con il materiale da restauro scelto, un effetto cerchiaggio delle cuspidi. Il motivo per cui si effettua tale ricostruzione è naturalmente legato alla possibilità di frattura che le restanti porzioni dentali hanno ed alla minore infiltrazione marginale che si riesce ad ottenere grazie alla procedura di polimerizzazione in laboratorio. Infatti circa l'1 % in volume è l'entità della contrazione all'atto dell'indurimento del monomero resinoso che contraendo legami covalenti al suo interno blocca le molecole intorno al riempitivo in un reticolo che avvicina tutte le parti in causa. Questa contrazione crea una forza tensile sulle pareti dentali che si traduce, in quelle più piccole, in una serie di microcrack e linee di frattura visibili già da subito dopo la messa in opera del materiale, nelle più grandi in una forza di flessione costante che mette alla prova il legame adesivo del restauro il quale, essendo costantemente impegnato nel contrastare l'allontanamento elastico della parete dentale, risulterà meno duraturo poiché raggiungerà più velocemente il limite di fatica cominciando ad infiltrarsi di liquidi. Si innescherà, così, una idrolisi sempre più veloce dello strato adesivo che continua ad opporsi all'allontanamento delle pareti e il tutto porterà ad una marcata infiltrazione marginale ed alla necessaria sostituzione del restauro con nuovo sacrificio dentale ed ulteriore spesa, in un tempo decisamente inferiore a quello di un restauro indiretto. Quest'ultimo, infatti, costruito in laboratorio avrà subito fuori della sua sede di lavoro finale la totalità della contrazione da polimerizzazione e tutto lo stress sarà relativo al solo cemento di fissaggio, anch'esso composito, ma essendo questo in spessore minimo, la contrazione volumetrica ad esso addebitabile sarà insignificante interrompendo così il circuito descritto. Inoltre, le caratteristiche di compattezza del materiale, la precisione occlusale dei contatti interdentali, delle convessità delle pareti ricreate in laboratorio, le caratteristiche superficiali, la levigatezza, la durezza e la stabilità cromatica sono di gran lunga molto superiori di quelle ottenibili con una ricostruzione diretta eseguita in bocca con tutte le difficoltà operative che un tecnico non ha operando su modelli. Ciò non significa che un odontoiatra non possa ottenere ottimi risultati con una metodica diretta, ma per riuscirci dovrà impiegare moltissimo tempo per polimerizzare in strati sottili il composito, orientando la polimerizzazione con vettori che si annullino a vicenda riducendo lo stress finale. Impiegando moltissimo tempo per rifinire e lucidare con varie metodiche ad abrasività decrescente tutte le superfici del restauro e, in ultimo, ottenendo comunque un risultato meno duro e compatto.

 

Ai fini di un mantenimento a lungo termine del trattamento endodontico sarà, quindi, opportuno affidarsi all'esperienza dell'operatore per stabilire il tipo di restauro coronale da effettuare, poichè da esso dipende grandemente la micro infiltrazione marginale e la frattura del dente residuo. Tenendo presente i principi ora descritti, sarà semplice per ognuno rendersi conto della necessità di affrontare cure che, pur apparendo più onerose, sono in realtà capaci di far risparmiare sul lungo tempo.

 

Link utili
accademiaitalianadiconservativa.it/casi/caso4/default.asp

Scritto da Dott. Orazio Ischia
Lipari (ME)

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